venerdì 26 settembre 2014

Il Pollo di Razza Romagnola: un convegno a Forlimpopoli. A Casa Artusi il 29 settembre



Il Pollo di Razza Romagnola: un convegno a Forlimpopoli

A Casa Artusi il 29 settembre si parlerà di recupero, allevamento e valorizzazione di questo autoctono dalle inestimabili caratteristiche gastronomiche

 

 

"À SÓ RUMAGNÒL" (n.d.r. "sono romagnolo") è il titolo del convegno pubblico che si svolgerà lunedì 29 settembre, ore 15.30, nella splendida cornice di Casa Artusi a Forlimpopoli (FC). Protagonista indiscusso del convegno sarà il Pollo di Razza Romagnola, un autoctono dalle inestimabili caratteristiche gastronomiche sia per le proprie carni sia per le uova. Recuperare questa razza, significa, quindi, anche non perdere antiche tradizioni contadine e le relative ricette. E' questo uno degli obiettivi che si è data A.R.V.A.R. - Associazione Razze e Varietà Autoctone Romagnole, che dal 2007 si dedica all'allevamento tradizionale e alla distribuzione della razza.

 

Nel corso del convegno - organizzato dal Gal – L'Altra Romagna nell'ambito del progetto "Pollo romagnolo: opportunità economica e salvaguardia della biodiversità", del PSR della Regione Emilia-Romagna - si parlerà dunque di recupero, allevamento e valorizzazione del Pollo di Razza Romagnola.

 

Modera il convegno il consulente enogastronomico Carlo Catani. Dopo i saluti di Mauro Grandini, Sindaco di Forlimpopoli, e di Tiberio Rabboni, Assessore Agricoltura Regione Emilia-Romagna, sono previsti gli interventi di: Bruno Biserni, Presidente Gal – L'Altra Romagna, Stefano Tozzi, Presidente A.R.V.A.R. e allevatore di Pollo di Razza Romagnola, Francesco Ferri, Responsabile Regione Emilia-Romagna SIMeVeP, il prof. Massimiliano Petracci, Università di Bologna, lo chef e allevatore Roberto Giorgetti, Andrea Facchini, Category Nazionale Sigma.

 

Visto il ricco parterre di relatori, saranno dunque molti e interessanti gli argomenti trattati, per una visione ampia e completa dell'argomento Pollo Romagnolo: dalle informazioni per l'allevamento e valorizzazione delle carni a quelle sugli aspetti di sanità pubblica veterinaria e filiere brevi; dalle caratteristiche qualitative delle carni e delle uova al loro utilizzo in cucina; fino all'approccio della Distribuzione Organizzata su prossimità e territorio.

 

Al termine del convegno ci sarà un buffet, ovviamente a base di Pollo e uovo di Razza Romagnola, a cura dello Chef Roberto Giorgetti.

 

La partecipazione al convegno è gratuita e aperta al pubblico.

PER INFORMAZIONI: c.giuffrida@hoopcommunication.it - T. 0546 46891

 

 

Ufficio stampa per Ph5:

P&P di Pierluigi Papi, tel. 338 3648766 pep@agenziastampa.ra.it

 

 

 

 

(segue approfondimento)

 

 

 

Pollo di Razza Romagnola: le origini.

Nella zona che comprendeva la Romagna, parte dell'Emilia con le Province di Ravenna, Forlì, Bologna, estendendosi a Firenze, Arezzo, Pesaro, Urbino e la Repubblica di San Marino, ossia quello che fu l'Impero Romano chiamato Flaminia, era diffusa una razza primitiva di pollo piuttosto uniforme nei caratteri, di taglia un poco sotto la media, da alcuni definita il tipo perfetto della gallina di fattoria e per i campi estesi (Trevisani G., 1936).

La razza Romagnola aveva scheletro e ossatura fine, era robustissima, vivendo per lo più avvezza alle contrarietà dell'ambiente. Si riparava sugli alberi di alto fusto preferendoli alla clausura del pollaio. Era caratterizzata da una cresta semplice di grandezza media, diritta nel gallo e piegata nella gallina, di colorito rosso intenso, tessitura fine senza presenza di granulazioni. I bargigli erano alquanto sviluppati, gli orecchioni di forma ovale, piccoli, colore crema chiari, lisci, talvolta ombreggiati di blu specie nei soggetti giovani. I tarsi variavano dal giallo puro al giallo maculato, al verdognolo ed al totalmente scuro. La livrea era alquanto varia come dimostrato anche dalle poche foto dell'epoca, ma si può supporre fossero comuni il mantello argentato il grigio "argento fiocchi neri", rosso dorata "oro fiocchi neri", bianco e perniciato. Il peso del gallo andava dai 2,0 ai 2,5 kg, 2,0 kg per la gallina. A quattro mesi i pulcini pesavano circa 1,0-1,5 kg; la fetazione media annuale raggiungeva le 150 uova del peso medio di 60 g. La pelle variava di colore e poteva essere gialla o bianca. Questa razza fu oggetto di selezione sia presso la Stazione Sperimentale di Pollicoltura di Rovigo, sia da parte dell'Ispettorato Provinciale del'Agricoltura di Ravenna, che ottenne gruppi omogenei di varietà dorata e grigia. La razza Romagnola, seppur meritevole di maggior considerazione, a causa della sua localizzazione geografica in zone da sempre votate all'allevamento avicolo, subì successivi incroci e fu poi completamente sostituita con razze più precoci e produttive (Pozzi G., 1961; Trevisani G. 1936; Pascal T., 1925; Ghigi A., 1930).

 

 

G.A.L. (Gruppo Azione Locale) - L'Altra Romagna, costituita nel dicembre 1992, è un'Agenzia di sviluppo e promozione delle aree collinari e montane della Romagna. La propria mission è la valorizzazione del territorio romagnolo, specie delle aree meno note come l'entroterra. Da anni s'impegna a far conoscere il territorio e le produzioni locali, tra le quali anche il Pollo di Razza Romagnola, pregiata specie che era in via di estinzione, dando vita al Progetto "Pollo Romagnolo: opportunità economica e salvaguardia della biodiversità".

 

Partner scientifico del Progetto, all'interno del Programma Regionale di Sviluppo Rurale 2007-2013, è A.R.V.A.R. (Associazione Razze e Varietà Autoctone Romagnole), che dal 2007 si dedica all'allevamento tradizionale e alla distribuzione della razza. L'associazione, infatti, si propone come strumento di conoscenza del territorio rurale e intende salvaguardare e valorizzare le razze animali e le varietà vegetali autoctone romagnole, di cui il Pollo di Razza Romagnola è fiore all'occhiello. Il recupero e l'allevamento della Razza Romagnola consente di riproporne le carni e le uova, di non perdere un'antica tradizione contadina e le relative ricette. Il Progetto, cofinanziato dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, e in collaborazione con l'Università di Bologna per la Ricerca e la Qualità, comprende corsi, iniziative didattiche e attività promozionali per condividere informazioni con un vasto pubblico di consumatori, ristoratori e operatori del settore.













giovedì 25 settembre 2014

“E dopo? Studenti e docenti di fronte al nodo placement”: il 26 e il 29 settembre Ravenna Future Lessons entra nelle scuole

"E dopo? Studenti e docenti di fronte al nodo placement"
Ravenna Future Lessons entra nelle scuole: il 26 e il 29 settembre i prossimi incontri con gli istituti
Oriani, Olivetti Callegari e Morigia e con il mondo universitario del Campus ravennate

 

Ravenna Future Lessons è un'iniziativa che per vocazione parla dei giovani e ai giovani poiché parla di futuro. Per il quinto anno consecutivo offre gratuitamente due intere giornate di lezioni, il 28 e 29 ottobre, in cui esperti, imprenditori, docenti e giovani talentuosi raccontano la loro esperienza di studio, ricerca e professione all'interno di scenari innovativi, creativi e non convenzionali, capaci di stupire e far riflettere sulle scelte di futuro.

 

Una novità di quest'anno, che si realizza coerentemente con il tema dell'evento di questo 2014 "Reti di persone. In rete", è il coinvolgimento diretto dei ragazzi delle scuole superiori e dell'Università del campus di Ravenna con il progetto "E dopo? Studenti e docenti di fronte al nodo placement". Ravenna Future Lessons vuole per la prima volta mettersi in ascolto di sogni ed esigenze dei ragazzi, con l'impegno di passare dall'altro lato della cattedra per chiedere loro cosa si aspettano, desiderano o temono per il loro futuro in termini di placement, sia in ambito accademico universitario sia in ambito lavorativo.

 

Il progetto "E dopo? Studenti e docenti di fronte al nodo placement" è iniziato lo scorso giugno con il coinvolgimento di 6 istituti superiori di Ravenna e, attraverso il supporto della Fondazione Flaminia, del Campus dell'Università di Bologna. Con l'aiuto di presidi e insegnanti Ravenna Future Lessons ha organizzato dei focus group partecipativi di confronto e dialogo proprio sui temi di innovazione digitale, placement e offerta formativa. Il primo incontro con gli istituti Alighieri, Ginanni e Baldini si è svolto con successo il 24 settembre e seguiranno altre due tappe, il 26 e il 29 settembre con gli istituti Oriani, Olivetti Callegari e Morigia e con il mondo universitario del Campus di Ravenna.

 

Dai focus group scaturirà un report ricco d'informazioni e notizie utili per il lavoro non solo di scuole e Università, ma anche di aziende, pubblica amministrazione e tutto il territorio. Grazie al report gli attori del territorio potranno avere l'occasione di mettersi in ascolto e riflettere accogliendo idee, esigenze e proposte dei ragazzi che si confrontano quotidianamente con la realtà della città e del Paese guardando e progettando il loro futuro.

 

Come si rapportano i giovani al mondo del digitale e dell'innovazione? Hanno le idee chiare sul loro futuro? Come percepiscono l'offerta formativa di Ravenna e dell'Emilia Romagna? Cosa pensano dell'esperienze all'estero e cosa pensano del mondo dell'imprenditoria giovanile? Il report del progetto "E dopo? Studenti e docenti di fronte al nodo placement" tratterà queste e molte altre tematiche e sarà presentato e discusso in ottobre occasione di Ravenna Future Lessons.

 

La partecipazione a Ravenna Future Lessons è gratuita. Presto sarà possibile iscriversi direttamente online dal sito www.ravennafuturelessons.it

 

Per informazioni: tel. 335 7368152, l.bosi@giaccardiassociati.it

 

Ufficio stampa:

Pierluigi Papi, tel. 338 3648766 info@pierluigipapi.com

venerdì 19 settembre 2014

Il Sangiovese è romagnolo!




Il Sangiovese è romagnolo!

"Sangiovese vino di Romagna" è il titolo del nuovo libro che racconta storia e tipicità di questo famoso vitigno, anche in virtù di un'interessante scoperta importante per la viticoltura romagnola, nazionale e anche mondiale

 

Il Sangiovese è uno dei vitigni più diffusi in Italia e all'estero, ma le sue origini sono ancora in parte misteriose e discusse. Per tale motivo, ogni documento antico che getta luce su tale argomento è accolto con grande interesse; come la scoperta nell'Archivio di Stato di Faenza di un atto notarile del 1672 che attesta già all'epoca la coltivazione del Sangiovese nel territorio di Casola Valsenio, nell'Appennino faentino in Romagna. È il primo documento noto che riporta il termine Sangiovese, preceduto solo da un paio di citazioni, ma con denominazioni diverse.

Partendo dal documento, Beppe Sangiorgi, storico e giornalista, ha sviluppato una ricerca sull'origine del nome, sulla culla del Sangiovese e sulle sue successive vicende consultando circa 200 testi italiani e stranieri editi dal 1600 a oggi. Ricerca pubblicata, per iniziativa del Consorzio Vini di Romagna e con prefazione dello storico dell'alimentazione Massimo Montanari, nel libro Sangiovese vino di Romagna - Storia e tipicità di un famoso vitigno e di un grande vino. Volume che nella seconda parte, curata da Giordano Zinzani, enologo e presidente del Consorzio Vini di Romagna, descrive il terroir romagnolo e le varie tipologie e denominazioni nelle quali si articola l'attuale produzione viticola ed enologica del Sangiovese in Romagna.

 

Incrociando la constatazione che il Sangiovese è inizialmente presente nell'area imolese-faentina con la convinzione di gran parte degli studiosi che individuano l'origine del Sangiovese nella parte montana dell'Appennino Tosco-Romagnolo, Sangiorgi ha ipotizzato che la culla di tale vitigno, figlio di un vitigno toscano e di un vitigno meridionale emigrato in Toscana, sia stata nella prima metà del secondo millennio la parte alta delle vallate dei fiumi Lamone, Senio e Santerno. E precisamente i monasteri vallombrosani di Crespino e Santa Reparata (Marradi), Susinana (Palazzuolo sul Senio) e Moscheta (Firenzuola), tre comuni amministrati da Firenze ma posti nel versante romagnolo dell'Appennino.

Dai gioghi dell'Appennino il vitigno è sceso, da una parte lungo le vallate faentine e imolesi prendendo il nome dialettale di sanzuves (contrazione di sangue dei gioghi) e poi sanzvés, italianizzato in sangiovese, nome che ha sempre mantenuto diffondendosi nel '700 nel resto della Romagna. Dall'altra parte, è sceso in Toscana assumendo i nomi di Sangiogheto, Sangioeto, San Zoveto e Sangioveto e solo dalla metà dell'800 di Sangiovese. Il vitigno non solo ha assunto due nomi differenti di qua e di là dell'Appennino, ma ha sviluppato nei secoli anche caratteri diversi stante la sua grande sensibilità al terroir. 

A partire dalla metà dell'800 il Sangiovese e il Sangioveto si sono poi diffusi nelle altre regioni dell'Italia centrale e, verso la fine del secolo, la denominazione romagnola "Sangiovese" si è via via affermata, anche in Toscana. E non solo dal punto di vista linguistico, ma anche materiale, attraverso il reimpianto dei vigneti distrutti dalla fillossera.

 

L'identità romagnola del Sangiovese e il suo stretto legame con il territorio vengono rimarcate da Giordano Zinzani attraverso la descrizione del terroir e la presentazione delle varie tipologie e denominazioni nelle quali si articola l'attuale produzione viticola ed enologica di tale vitigno in Romagna. Cominciando dal "Romagna DOC Sangiovese" e proseguendo con il Sangiovese dei "Colli" romagnoli e il Sangiovese IGT.

 

"Sangiovese vino di Romagna", Storia e tipicità di un famoso vitigno e di un grande vino

di Beppe Sangiorgi e Giordano Zinzani.

Valfrido Edizioni (Faenza) in collaborazione con Consorzio Vini di Romagna.

Pag.110. €10,00.

 

Ufficio stampa Consorzio vini di Romagna:

P&P di Pierluigi Papi tel. 338 3648766 pep@agenziastampa.ra.it

Giuseppe (Beppe) Sangiorgi, è nato e vive a Casola Valsenio (RA). Laureato in Scienze Politiche a indirizzo storico ha lavorato nella Pubblica Amministrazione ed è giornalista, scrittore e storico del mondo rurale romagnolo. Ha pubblicato su quotidiani, settimanali e riviste circa quattromila articoli inerenti alla storia, al paesaggio, alle tradizioni e al patrimonio enogastronomico della Romagna, temi sui quali tiene conferenze e lezioni, oltre che averne trattato in una decina di pubblicazioni. Inoltre, ha curato il soggetto, i testi e la regia di sei video documentari sulla Romagna vista attraverso i suoi vini, sulle pievi, rocche e torri della provincia di Ravenna e sui paesi della valle del Senio, con il quale ha vinto il Premio Guidarello per il Giornalismo d'Autore.

 

Giordano Zinzani,è nato e vive a Faenza. Enologo diplomato a Conegliano Veneto, dal 1975 ha iniziato la professione come tecnico. Dal 1984 lavora alla CAVIRO S.c.a., dove attualmente ricopre l'incarico di direttore Enologia e Servizi, Sviluppo Soci. Relatore in diversi convegni e seminari sia in Italia sia all'estero, ha pubblicato articoli di carattere tecnico, riguardanti aspetti innovativi della tecnologia enologica. Ha collaborato in molte ricerche e sperimentazioni effettuate in Romagna e in particolare con l'Università di Bologna. Dal 1990 al 2013 è stato presidente della sezione Romagna Assoenologi e consigliere nazionale. Per molti anni consigliere dell'Union Internationale des Oenologues. Nel 2008 ha assunto l'incarico di presidente del Consorzio Vini di Romagna del quale è stato a lungo consigliere. Ha fatto parte del gruppo di lavoro "Pratiche enologiche" alla Commissione Europea D.G. Agri a Bruxelles. È corrispondente dell'Accademia Italiana della Vite e del Vino e dal 2008 vice-presidente dell'Enoteca Regionale dell'Emilia Romagna e componente del C.d.A. di Federdoc.

 

 

Tratto da "Sangiovese vino di Romagna", PREFAZIONE di Massimo Montanari*

È sempre difficile fare la storia di un vitigno o di un vino, rintracciarne le origini, localizzarle in un territorio. Perché vini e vitigni sono figli della geografia ma soprattutto della storia: l'azione dell'uomo sull'ambiente, nel corso dei secoli, sposta e modifica le coordinate naturali, confondendo le tracce fino a renderle talvolta irriconoscibili. Tutto ciò che ha a che fare con la cultura – e di cultura stiamo parlando – è per definizione mobile e cangiante, perché vivo. Gli esiti di queste storie, le identità che esse preparano e producono sono realtà che si ridefiniscono di continuo, sicché cercarne le radici, andare a fondo nella ricerca delle 'origini' comporta avventure imprevedibili, che possono portarci ovunque. Quando, poi, l'oggetto di studio non è un vitigno o un vino qualsiasi, ma uno dei più fortunati e di maggiore successo, come è il caso del Sangiovese, la sfida parrebbe impossibile. Non così la pensano gli autori di questa ricerca, che propongono una sintesi ragionata di tutto ciò che sappiamo sulla storia del Sangiovese, integrando e reinterpretando le conoscenze acquisite sulla base di nuovi dati e di nuove intuizioni – a cominciare dall'idea che la rete di monasteri stabilitasi nel Medioevo sull'Appennino tosco-romagnolo possa essere stato il luogo di incubazione di questa storia straordinaria, che in seguito avrebbe preso direzioni diverse, nel senso del metodo e del gusto oltre che della geografia. Importante è anche l'aver retrodatato al XVII secolo il riferimento a un 'Sangiovese' romagnolo che non è solo vino ma vitigno. Ciò conferma la continuità di una cultura, tipicamente italiana, che fin dal Medioevo privilegiò il vitigno come elemento distintivo della produzione enologica, mentre altrove – per esempio in Francia – si metteva l'accento soprattutto sulla proprietà e sul terroir. Questa ricerca sul vino principe dell'enologia romagnola si fa apprezzare per la chiarezza con cui cerca di districare le linee portanti della storia del Sangiovese. Ovviamente, nessuna ricerca può mai dirsi definitiva e la sorte migliore di qualsiasi studio è di essere superato da altri, che ne metteranno a frutto i risultati. È l'augurio migliore da fare a questo lavoro, che diventerà un punto di riferimento obbligato per chiunque vorrà tornare sull'argomento. Il senso critico che traspare da queste pagine, la serietà con cui il tema è stato affrontato, il riferimento sistematico alle fonti e agli studi utilizzati sono marchi di qualità come quelli che sempre più spesso accompagnano il rosso sangiovese.

 

*Docente di Storia medievale e di Storia dell'alimentazione all'Università di Bologna.

Direttore del Master europeo "Storia e cultura dell'alimentazione".

 


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